Ogni anno all’interno del Festival si cerca di valorizzare quell’animazione d’eccellenza che non ha la fortuna di usufruire di una potente distribuzione. E in questa diciottesima edizione si è voluto esplorare il lavoro di un autore francese di gran fama: Michel Ocelot.
Il regista da molti anni riesce a produrre lungometraggi curatissimi esteticamente e pieni di fascino, che di solito si rifanno a fiabe e storie del folklore. Ocelot ha trascorso parte della sua infanzia in Africa per poi tornare in Francia da adolescente e studiare Belle Arti: non stupisce quindi che i suoi film parlino del conflitto tra mondi molto diversi che può diventare dialogo, e siano tutti realizzati con tecniche di animazione diverse. La sua animazione in certi casi è quasi ieratica, con la rigidezza tipica delle silhouette, in altri casi è fluida e naturale, come se al soggetto abbinasse un tipo di espressione animata che più gli si confà.
Il suo lungometraggio più famoso, Kirikù e la strega Karabà (1999), che verrà proiettato durante il Festival, assolutamente delizioso nella storia e nel design, ha però trovato problemi nella distribuzione in tv in quei paesi più conservatori (come Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania) dove si temeva che la nudità, anche se perfettamente innocente, si potesse generare proteste da parte dei genitori, a dispetto del visto di censura “adatto a tutte le età”. In programmazione quest’anno anche un altro capolavoro dell’artista: Azur e Asmar (2006), un racconto medioevale di prìncipi e fate calato nell’interessante punto di vista dell’Europeo in Nord Africa. Come gran finale la domenica sera verrà proiettato il suo ultimo film, appena uscito nelle sale italiane: Dililì a Parigi (2018) storia di una ragazzina di provenienza esotica giunta a Parigi alla fine dell’Ottocento.